La Direttiva sull’orario di lavoro (Direttiva n. 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003) riconosce il diritto dei lavoratori, per motivi di salute e sicurezza, a lavorare, in media, un massimo di 48 ore alla settimana, compresi gli straordinari.

La direttiva prevede inoltre diritto dei lavoratori di fruire di un minimo di 11 ore ininterrotte di riposo al giorno e di un ulteriore riposo settimanale ininterrotto di 24 ore, stabilendo una certa flessibilità al fine di consentire di posticipare i periodi minimi di riposo per motivi giustificati, ma soltanto a condizione che il lavoratore possa poi recuperare, subito dopo, le ore di riposo di cui non ha potuto usufruire.

Dopo aver ricevuto diverse denunce, nel maggio 2013, la Commissione Europea ha inviato allo Stato Italiano un “parere motivato” (MEMO/13/470) in cui chiedeva di adottare, inutilmente, le misure necessarie per assicurare che la legislazione nazionale ottemperasse alla direttiva.

Nel febbraio del 2014, la Commissione Europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver applicato correttamente la Direttiva sull’orario di lavoro ai medici operanti nel servizio sanitario pubblico.

La normativa italiana ha privato, infatti, i dirigenti medici, ma anche il personale del comparto sanità, del diritto a un periodo minimo di riposo giornaliero ininterrotto e a un limite massimo nell’orario lavorativo settimanale.

In particolare, la Legge 24 dicembre 2007 n. 244 ha introdotto un comma 6-bis al Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66 che attuava le direttive 93/104/Ce e 2000/34/CE concernenti alcuni aspetti dell’organizzazione del lavoro, stabilendo che le “disposizioni di cui all’articolo 7 – quelle che per intenderci garantivano il diritto al riposo giornaliero di 11 ore consecutive – non  si  applicano al personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, per il quale si fa riferimento alle vigenti disposizioni contrattuali in materia di orario di lavoro, nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori”.

Il Decreto Legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, ha poi modificato il comma 1 dell’art. 17 del Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66 citato stabilendo che “le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 12  e  13 – ossia quelle stabilivano delle garanzie fondamentali per i lavoratori in tema di riposi, pause, modalità di organizzazione del lavoro notturno e sua durata –  possono essere derogate mediante contratti  collettivi  stipulati  a  livello nazionale  con  le  organizzazioni  sindacali  comparativamente  più rappresentative. Per il settore privato, in  assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali le deroghe possono essere stabilite nei contratti collettivi  territoriali  o  aziendali stipulati  con  le  organizzazioni  sindacali  comparativamente  più rappresentative sul piano nazionale”.

L’art. 41, comma 13 del D.L. cit. ha inoltre previsto, sia pure con esclusivo riferimento al personale dirigenziale degli enti e delle aziende sanitarie, che ad essi in  ragione  della  qualifica posseduta e delle necessità di conformare l’impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilità propria dell’incarico dirigenziale  affidato,  non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 4 e 7 del decreto legislativo 2003, n. 66. La contrattazione collettiva definisce  le  modalità atte a garantire ai dirigenti condizioni di lavoro che consentano una protezione appropriata ed il pieno recupero delle energie psico-fisiche”.

In forza della normativa italiana, dunque, alcune garanzie fondamentali contenute nella direttiva sull’orario di lavoro, prima fra tutte il diritto al periodo di riposo minimo giornaliero di 11 ore consecutive, non erano più garantite, perché il legislatore, nel disapplicare le norme di “tutela minima”, si limitava a rinviare alla disciplina contrattuale in materia di orario di lavoro.

In realtà, il CCNL Area Dirigenza Medica e Veterinaria e quello del Comparto Sanità, nella parte relativa all’orario di lavoro, hanno indicato alcune linee guida (veri e propri principi inderogabili), che già consentivano  comunque ai lavoratori di difendersi, anche giudizialmente, di fronte agli abusi del datore di lavoro, nonostante la sopra citata disapplicazione legislativa.

Cosi ad esempio, il CCNL dell’Area Dirigenza Medica e Veterinaria del 17 Ottobre 2008 che all’art. 7 ha escluso che l’autonomia e la flessibilità tipica della figura dirigenziale possa tollerare l’assenza di vincoli di orario (Disposizioni particolari in materia di riposo giornaliero) ha precisato quanto segue: 1. Nel rispetto dei principi generali di sicurezza e salute dei dirigenti e al fine di preservare la continuità assistenziale, le aziende definiscono, in sede di contrattazione integrativa, ai sensi dell’art. 4, comma 4 del CCNL del 3 novembre 2005, modalità di riposo nelle ventiquattro ore, atte a garantire idonee condizioni di lavoro ed il pieno recupero delle energie psicofisiche dei dirigenti, nonché prevenire il rischio clinico; 2. In tale ambito, al fine di conformare l’impegno di servizio al ruolo e alla funzione dirigenziale, la contrattazione dovrà prevedere, in particolare, dopo l’effettuazione del servizio di guardia notturna o della turnazione notturna, la fruizione immediata, in ambito diurno, di un adeguato periodo di riposo obbligatorio e continuativo, in misura tale da garantire l’effettiva interruzione tra la fine della prestazione lavorativa e l’inizio di quella successiva; 3. Le misure previste dai commi precedenti garantiscono ai dirigenti una protezione appropriata evitando che, a causa della stanchezza, della fatica o di altri fattori, sia ridotta l’efficienza della prestazione professionale, aumentando il rischio di causare lesioni agli utenti o a loro stessi, ad altri lavoratori o di danneggiare la loro salute, a breve o a lungo termine; 4. La contrattazione si svolge nel rispetto della normativa vigente, tenuto conto delle linee di indirizzo emanate dalle Regioni ai sensi dell’art. 5, lett. l del presente CCNL; 5. Resta fermo quanto previsto per la programmazione e per la articolazione degli orari e dei turni di guardia dall’art. 14, comma 7, del CCNL 3.11.2005, tenendo conto di quanto stabilito in materia di riposi giornalieri dal presente articolo.

Il CCNL del Comparto del 10.04.2008, integrando l’art. 26 del CCNL del 7 aprile 1999 sull’orario di lavoro, ha previsto (commi 7 e 9) che “in via sperimentale […] nel rispetto dei principi generali di protezione, sicurezza e salute dei lavoratori e al fine di preservare la continuità assistenziale, il riposo consecutivo giornaliero, nella misura prevista dall’art. 7 del D.Lgs. n. 66 del 2003, può essere oggetto di deroga, a seguito di accordo […], tenendo conto delle necessità legate alla organizzazione dei turni e garantendo ai dipendenti un equivalente periodo di riposo per il pieno recupero delle energie psicofisiche […]”. E che “l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 6 e 7 presuppone che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata tale da permettere di evitare che gli stessi, a causa della stanchezza, della fatica o di altri fattori che perturbano l’organizzazione del lavoro, causino lesioni a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine”.

L’Italia ha evitato che la procedura di infrazione della Commissione potesse concludersi con una severa condanna da parte della Corte di Giustizia con l’art. 14 della L. 30 ottobre 2014, n. 161 che, con decorrenza 25 novembre 2015, abrogando il comma 6-bis dell’art. 17 del Decreto Legislativo 8 aprile 2003 n. 66, ha, sostanzialmente, riallineato, anche per i medici e il personale del ruolo sanitario, la legislazione italiana agli altri paesi della CE in materia di orario di lavoro e durata dei riposi; la legge prevede, infatti, un minimo 11 ore consecutive di riposo giornaliero, un limite massimo 48 ore di lavoro settimanale, compreso lo straordinario, 24 ore di riposo settimanale e almeno 4 settimane di riposo annuale.

Quanto alle discussioni sulle possibili deroghe alla normativa sull’orario di lavoro, suggerite dal recente Atto di indirizzo della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome – Comitato di Settore Comparto Regioni – Sanità, motivate dalla necessità di “garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni”,  ci si limita a osservare che, se le deroghe fossero attuate, probabilmente una siffatta iniziativa esporrebbe l’Italia al giudizio della Corte che è riuscita ad evitare in extremis.

Per inciso, le richieste di deroga traggono ispirazione della stessa motivazione che da anni costringe medici e personale del comparto a lavorare in violazione dei diritti di rilevanza costituzionale alla dignità, alla  salute e al riposo (artt. 1, 2, 3, 4, 32, 35, 36 Cost.), esposti a rischi professionali incommensurabili proprio avuto riguardo al sacrificio e all’usura psicofisica connessi con l’esercizio di attività lavorativa nel periodo della pausa giornaliera.

E’ bene sottolineare, tuttavia, come l’intervento del legislatore non possa sanare il pregresso o ridimensionare la gravità delle violazioni intervenute, quasi che prima della dead line del 25 novembre 2015 le violazioni del riposo fossero lecite per via dell’intervento demolitivo sopra ricordato.

La legislazione previgente e la normativa contrattuale sopra citata già consentivano di sanzionare gli abusi e di agire per il risarcimento del danno non patrimoniale riconducibile, principalmente: 1) all’usura psicofisica sofferta a causa della palese violazione del diritto, di rilevanza costituzionale, al riposo (e del conseguente diritto del lavoratore di organizzare la giornata non lavorativa o parte di essa a proprio piacimento); 2) all’esposizione al pericolo del cd. burnout (definito scientificamente come l’esito patologico di un processo stressogeno che colpisce proprio le persone che esercitano professioni cd. d’aiuto, in primis  medici, infermieri, tecnici qualora questi non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress e stanchezza che il loro lavoro li porta ad assumere); 3) all’esposizione al pericolo di commettere errori e/o omissioni, le cui conseguenze sono facilmente intuibili.

In questo senso, l’opera di “riallineamento” alla direttiva europea non può cancellare la memoria delle violazioni intervenute nel recente passato, salvo s’intende l’effetto della prescrizione decennale.

Avv. Giacomo Doglio

 

 

10 Commenti

  • miguo ha detto:

    ottimo

  • Francesco ha detto:

    Salve, sono un infermiere presso un’azienda pubblica e le pongo le seguenti domande visto che i coordinatori ne approfittano facendo leva sulle nostre lacune.

    ordine di servizio:
    nella mia azienda si fanno le doppie notti, se dovessi trovare un ordine di servizio che mi obblighi a farne una terza ma ovviamente il coordinatore non mi ha dato nulla in mano ma trovo L’ODS sul tavolo del reparto al mio arrivo è un ordine valido oppure no?
    se sono di riposo può cambiarmi il turno se io non rispondo al telefono?

    cordiali saluti.

    • Avv. Giacomo Doglio ha detto:

      Se non riceve alcuna comunicazione circa il cambio turno, resta quello fissato.

      Per il resto, non esiste alcun obbligo di essere reperibile telefonicamente durante il giorno di riposo.

      • Francesco ha detto:

        Grazie mille per la tempestiva risposta.
        Le chiedo di risolvermi un dubbio circa il periodo di riposo tra le due notti: normalmente tengo il telefono spento per non essere disturbato e riposare ma se il coordinatore prova a chiamarmi perchè vuole impartirmi un ODS ma per ovvi motivi di quest’ordine ne verrò a conoscenza (e la notte il coordinatore non c’è) solo quando arriverò in reparto sono tenuto a rispettarlo oppure no? non vige la regola che deve esserci una certezza della consegna dell’ods? potrei disattenderlo? o rischio qualcosa?
        grazie

        • Avv. Giacomo Doglio ha detto:

          L’ordine di servizio è disciplinato nel nuovo CCNL dall’art. 64 (obblighi del dipendente), comma 3, lett. h (che sostanzialmente ripete la formulazione dell’art. 28, 3 comma lett. h, del CCNL del 01.09.1995), il quale stabilisce che il dipendente deve “eseguire le disposizioni inerenti l’espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartite dai superiori; se ritiene che l’ordine sia palesemente illegittimo… deve farne rimostranza a chi lo ha impartito, dichiarandone le ragioni; se l’ordine è rinnovato per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione; il dipendente non deve, comunque, eseguire l’ordine quando l’atto sia vietato dalla legge o costituisca illecito amministrativo.”

          Come potrà leggere la norma contrattuale richiede la conoscenza non la certezza della consegna (che se mai concerne l’aspetto probatorio).

  • Francesco ha detto:

    Grazie mille.
    Le pongo un’ultima domanda: un ODS impartito con la formula “oggi per domani” può essere disatteso o comunque contestato? Non ho il diritto di organizzarmi la vita?
    Da quanto ho appreso sembrerebbe che questo tipologia di ODS debba avere delle particolare caratteristiche ma non ho trovato nulla in merito. Se impartito con meno di 24h di preavviso non rientro nell’istituto della pronta disponibilità?

    la ringrazio per le delucidazioni e chiarimenti che mi fornisce

    • Avv. Giacomo Doglio ha detto:

      Nella precedente risposta ho riportato il testo della norma contrattuale in materia di ordine di servizio.

      L’ordine scritto può essere disatteso soltanto se l’atto sia vietato dalla legge o costituisca un illecito amministrativo.

      Le ricordo che l’art. 4, comma 1 del Dlgs 532/1999 (troverà nel blog svariate risposte sul tema) stabilisce che l’orario di lavoro notturno non possa superare le otto ore nell’arco delle 24 ore, salva l’individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite.

      Il nuovo CCNL (art. 30) richiama la norma (quindi non modifica il limite), ma ignoro se nella sua azienda sia applicato un contratto aziendale con una disciplina in deroga.

      Il Ministero del Lavoro ha specificato che, in mancanza di un’esplicita previsione normativa, l’anzidetto limite possa essere conteggiato con riferimento ad un periodo di una settimana lavorativa.

  • Federica ha detto:

    Salve , io ho un grande problema : il nuovo Responsabile/coordinatore della struttura dove lavoro se ne sta approfittando letteralmente, io oss a tempo indeterminato da 30anni con un contratto di lavoro full da 36h settimanali … da ieri ha cambiato turni dicendo che siamo sotto emergenza covid (premettendo che dentro la struttura zero casi è in paese 1caso ad oggi e in quarantena da 15gg come ha spiegato il sindaco)ha messo una turnazione da 12h al gg per una settimana senza nessun riposo infrasettimanale…chi fa la mattina monta dalle 8 fino alle 20’e questo per tutta la settimana e a me é toccata la notte per una settimana dalle 20:00 alle 8 , come devo comportarmi?? Ho detto che é illegale farlo e che si chiama sfruttamento del lavoratore ma lui reagisce dicendo che comanda lui e potrebbe licenziare … mi dica per favore come posso comportarmi … Grazie 😊

    • Avv. Giacomo Doglio ha detto:

      Innanzitutto, il coordinatore non è il responsabile della struttura (il responsabile è, infatti, il dirigente di SC o SSD) e non ha alcun potere disciplinare (un’eventuale sanzione espulsiva da adottarsi in esito ad un procedimento disciplinare, sarebbe di competenza dell’ufficio collegiale preposto all’esercizio dell’azione disciplinare).

      Detto questo, l’emergenza fortunatamente non ha azzerato i diritti fondamentali dei lavoratori, tra i quali il diritto al riposo giornaliero e settimanale (oltre al rispetto dei limiti di durata massima dell’orario settimanale e notturno).

      Per verificare se vi siano delle violazioni (come mi pare di capire) dovrei esaminare la turnazione.

      Le consiglio di formalizzare sempre le ragioni di contestazione utilizzando una forma espressiva neutra, incentrata sui fatti, lasciando perdere qualsiasi tipo di giudizio.

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