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Con la sentenza del 06.10.2015, n. 1302, il Tribunale di Cagliari, in linea con altre decisioni del medesimo Tribunale, decidendo un ricorso proposto da un gruppo di infermieri dipendenti di un’azienda sanitaria, ha stabilito che il demansionamento (assegnazione di mansioni inferiori) e la dequalificazione professionale (privazione e/o limitazione di mansioni tipiche del profilo di appartenenza), oltre a costituire un grave inadempimento contrattuale, può essere la causa di un danno non patrimoniale risarcibile.

Richiamando i precedenti della Suprema Corte (Cass. S.U. 11.11.2008, n. 26972; Cass. sez. lav. 12.05.2009, n. 10864; Cass. sez. lav. 30.09.2009 n. 20980; Cass. sez. lav. 21.03.2012 n. 4479 – più di recente cfr. ex multis, Cass. sez. lav. 13.06.2014, n, 13499), il Giudice ha significativamente sottolineato che Il diritto del lavoratore ad esprimere la propria competenza professionale in conformità alle condizioni di assunzione, a conservarla e ad accrescerla (art. 35 commi 1 e 2) e una sua eventuale lesione può incidere negativamente su interessi patrimoniali e non patrimoniali del lavoratore. Nel caso in esame […] deve ritenersi sussistente il danno all’immagine professionale e alla dignità personale dei lavoratori, connesso al comportamento illecito della parte datoriale”.

Il Tribunale di Cagliari non si è dunque limitato a vietare formalmente all’azienda sanitaria di assegnare gli infermieri alle mansioni di competenza del personale di categoria A e B e ad adottare tutte le misure di sorveglianza sanitaria nella movimentazione dei carichi, ma accogliendo l’ulteriore domanda dei ricorrenti ha riconosciuto il loro diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, liquidato in via equitativa in base ad una percentuale della retribuzione netta (nel caso in esame oscillante tra il 6% e il 3%), da calcolarsi per tutti gli anni, nella diversa misura indicata, in cui si è protratto l’illecito contrattuale e sino alla data della pronuncia.

Nell’azienda sanitaria convenuta in giudizio, è stato dimostrato che l’infermiere, ossia la figura professionale che secondo la più recente legislazione e la contrattazione collettiva dovrebbe coordinare, organizzare e formare le risorse di supporto per gestire, con autonomia e responsabilità di risultati, l’assistenza infermieristica, si è trovato costretto, invece, a sostituire in tutto e per tutto le figure subalterne (categorie A-B-BS-C), che dovrebbero essere presenti in modo omogeneo per ogni turno e sono, invece, risultate palesemente insufficienti sotto il profilo numerico.

Il primo effetto del ruolo di supplenza imposto dalla mancanza del personale di categoria A e B/BS, il più evidente perché non necessita di una prova diversa dal fatto notorio, è per l’appunto la confusione dei ruoli, e, quindi, il non essere riconosciuto come dominus dell’assistenza.

L’utilizzazione dell’infermiere factotum ha, quindi, determinato, per effetto della sistematica confusione dei ruoli professionali, un gravissimo danno all’identità professionale sul luogo di lavoro e all’immagine: è di elementare evidenza, infatti, come la figura del “tuttofare” si ponga agli antipodi rispetto a quella propria del profilo professionale cui appartengono gli infermieri, così come è parimenti palese, secondo l’id quod plerumque accidit, che l’impossibilità di realizzarsi nel lavoro costituisca fonte di stress e frustrazione per ciascuno di essi, costretti da anni a subire una condotta datoriale illegittima e illegale nel senso anzidetto.

Secondo il Tribunale, che nello stesso senso si è espresso anche nel corso di alcuni procedimenti cautelari aventi lo stesso oggetto, il demansionamento e la dequalificazione determinano una vera e propria “mortificazione” del lavoratore, lesiva della sua dignità e immagine personale e professionale (l’immagine del lavoratore nell’ambiente di lavoro è strettamente legata, infatti, a quel che il lavoratore fa).

La mortificazione professionale, oltre a provocare un’intuibile sofferenza interiore, peraltro reiteratamente denunciata dagli infermieri, è la causa anche di una mancata autorealizzazione (la sfera dell’essere si congiunge immancabilmente con quella del fare) e incide sulla dignità personale dei lavoratori.

Proprio sulla base delle sopra riferite caratteristiche del demansionamento, della sua durata, gravità e incidenza sulle aspettative di carriera, il Tribunale, attraverso il ricorso alla prova presuntiva (che può “costituire anche l’unica fonte del convincimento del giudice, non trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore agli altri”), ha ritenuto accertato il danno alla professionalità di natura non patrimoniale.

Avv. Giacomo Doglio

5 Comments

  • federica santi ha detto:

    Buongiorno,mi chiamo Federica e sono stata oggetto di demansionamento quando ho scelto un part time orizzontale di 30 ore sett.avevo il piano di lavoro di un OSS,e nonostante mi dicessero che mi avrebbero comunque riconosciuto come infermiera professionale,per me è iniziato un incubo….ragazzette di 25 anni che mi mandavano da sola per l’igiene del malato (io ne avevo 41 all’epoca) sono cominciata a dimagrire a vista d’occhio…non mangiavo e mi sentivo depressa…per fortuna quando ho raggiunto i 49 kg (da 60 che ero) il medico competente mi spostò nel dipartimento di poliambulatori e finalmente ricominciai a stare meglio e a esprimere la mia capacità lavorativa come infermiera…cominciò tutto nel 2008…è tardi per denunciare l’azienda ospedaliera ospedali riuniti Marche Nord?io sono di Pesaro e non ho paura….ho sofferto tanto…grazie per la possibilità che mi state dando,buona giornata.Federica Santi,

    • admin ha detto:

      Buongiorno,
      non è tardi perché l’azione di risarcimento del danno causato da responsabilità contrattuale è soggetta a prescrizione decennale.
      Sul piano pratico, però, al di là della “possibilità” di agire in giudizio, è necessario fornire la prova delle sopra descritte condizioni di lavoro, della loro incidenza sul suo stato di salute psico-fisico e degli eventuali riflessi sul piano dell’immagine professionale.
      Cordiali Saluti
      Giacomo Doglio

  • Katiuscia Allegri ha detto:

    Salve, è proprio ciò che mi accade quotidianamente, sono l’unica infermiera nel reparto di Fisioterapia dell’ospedale Oncologico di Cagliari. Vengo considerata la sostituta dell’ausiliaria…si proprio così, l’ ausiliaria ha più considerazione della sottoscritta, non ho nessuna facoltà organizzativa per quanto concerne l’attività ambulatoriale, non posso gestire gli ordini della farmacia, non posso occuparmi della registrazione on-line delle visite come cup-web (e sono stata usata per fare le “ripetizioni” a chi hanno voluto dare questo compito) …nel caso in cui ci siano ferie da prendere mi devo mettere d’accordo con l’ausiliaria…perché se manca lei io ci devo essere…DEVO AGGIUNGERE ALTRO?

    • admin ha detto:

      Direi proprio di no.
      E’ proprio il ruolo di “sostituzione” che esemplifica il demansionamento e la dequalificazione professionale.

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