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Come riportato recentemente sulla stampa, il Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha dichiarato che l’esportazione di armi verso l’Arabia Saudita, impegnata militarmente nello Yemen. dove da marzo guida una vasta operazione per sostenere il presidente Hadi, e notoriamente responsabile di gravissime violazioni dei diritti umani, sia assolutamente regolare.

L’arcinota, oltre che ripetutamente denunciata, violazione delle libertà fondamentali in Arabia Saudita per il Governo non costituisce, quindi, motivo di divieto.

Al fine di evidenziare il pessimo esempio offerto dallo Stato nei confronti dei propri cittadini, da cui si pretende il rispetto delle leggi, si riportano alcune delle disposizioni normative che regolano la materia dell’esportazione di armi.

L’art. 1 della L. 9 luglio 1990, n. 185 Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, come modificato dal D.lgs. 22 giugno 2012, n. 105 di recepimento della direttiva europea 2009/43/CE, prevede, tra l’altro, quanto segue.

comma 1: L’esportazione, l’importazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiale di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione e la delocalizzazione produttiva devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

comma 5: L’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione e la delocalizzazione produttiva, sono vietati quando sono in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell’Italia, con gli accordi concernenti la non proliferazione e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi, nonché quando mancano adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali di armamento.

comma 6: L’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere; b) verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione; […] d) verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa.

Nei lavori preparatori (Atti parlamentari, Camera dei Deputati n. 2033-1987), che offrono certamente spunti decisivi per ricostruire la ratio della disposizione legislativa, è stato precisato che l’obiettivo “è quello di evitare che correnti di traffico di armi […] alimentino focolai di tensione, di destabilizzazione, di aggressività in contrasto con la politica estera di pace – nel rispetto della Carta dell’ONU, dello Statuto dei diritti dell’Uomo e del Trattato di non proliferazione nucleare – che da quarant’anni l’Italia persegue”; e ancora, che “non vi può essere ragione industriale od economica che ponga il nostro Paese in contraddizione con la politica di distensione.”

La circostanza che nei confronti dell’Arabia Saudita non sarebbero state formalmente accertate “violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”, se seriamente rappresentata, avrebbe però lo stesso credito di una barzelletta.

Sempre che il Governo Italiano non ritenga che la severa applicazione della dottrina wahhabita (un’interpretazione fondamentalista del Corano tradotta in legge) e delle relative sanzioni (pena di morte, pene corporali, tortura, ecc.) comminate ai “trasgressori”, colpevoli per un modo di essere, una condotta blasfema o per aver espresso liberamente opinioni politiche, sociali, religiose ecc., possa ritenersi compatibile con la Costituzione almeno sino al momento dell’accertamento formale da parte dei competenti organi istituzionali internazionali.

Tra questi – giusto per meglio evidenziare l’ipocrisia – la UE, che ha conferito il premio Sakharov 2015 per la libertà di pensiero al blogger saudita Raif Badawi, condannato a 10 anni di carcere e mille frustate per le opinioni espresse nel suo sito web Free Saudi Liberals.

Queste le parole del Presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz: “Quest’uomo, estremamente buono e da esempio per tutti, è stato condannato a una delle più crudeli sanzioni in vigore nel Paese, che può essere descritta come una vera e propria tortura”.

In Arabia Saudita l’on. Pinotti non soltanto non potrebbe essere Ministro della Difesa, ma, richiamando un antico proverbio arabo, potrebbe disporre di poco più “del suo velo e della sua tomba”.

Ora, la circostanza che dalla penisola arabica non avrebbe mai potuto dichiarare alcunché, non la autorizza però a interpretare infondatamente una legge che prevede il divieto di esportare armi proprio verso Paesi come l’Arabia Saudita.

Ma se anche si volesse dar credito all’omessa formalizzazione dell’accertamento delle violazioni, non c’è dubbio che il ripetuto rinvio della legge all’art. 11 della Costituzione avrebbe dovuto condurre comunque al divieto.

Sul punto,  Amnesty International ha denunciato a più riprese i crimini compiuti dall’Arabia Saudita, intervenuta in Yemen senza alcun mandato delle Nazioni Unite.

In conclusione, sarebbe stato più onesto evitare di giustificare pubblicamente la regolarità della vendita di armi e buttarsi a bomba – è proprio il caso di dirlo – sull’adagio “pecunia non olet”.

Oppure, se gli impegni internazionali dell’Italia e/o la lotta al terrorismo o bla bla non possono consentire tale professione di onestà, ammettere almeno che l’esportazione di armi verso l’Arabia Saudita sia assolutamente regolare perché tarapaia, tapioco come se fosse antani con la supercazzola prematurata ….e via dicendo.

Avv. Giacomo Doglio

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