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L’art. 58 del CCNL del 21 maggio 2018, confermando sul punto il contenuto della norma contrattuale previgente (art. 31 CCNL 20 giugno 2001), stabilisce che “al personale assunto a tempo determinato si applica il trattamento economico e normativo previsto dalla contrattazione collettiva vigente per il personale assunto a tempo indeterminato, compatibilmente con la natura del contratto a termine”.In un recente orientamento applicativo, l’ARAN (SAN296 del 15.05.2018) ha evidenziato “che, pur in assenza di una specifica esclusione da parte della disciplina contrattuale in materia, il personale a tempo determinato non può partecipare alle progressioni economiche orizzontali  e ciò principalmente alla luce dell’attuale quadro legislativo che fonda tale tipologia di selezione/beneficio su di un sistema di valutazione meritocratico, il quale mal si concilia con la precarietà e la durata limitata nel tempo del rapporto di lavoro a tempo determinato”.

In realtà, come la nota vicenda delle stabilizzazioni del personale precario della Sanità insegna, la durata del contratto di lavoro dei dipendenti a tempo determinato delle aziende sanitarie è stata tutt’altro che limitata nel tempo, tant’è che il legislatore (art. 20 DLGS n. 75/2017) è intervenuto proprio per cercare di rimediare ai gravissimi “abusi” compiuti dal datore di lavoro pubblico.

Diverse aziende sanitarie, del resto, proprio in ragione della durata dei rapporti a termine, proseguiti per anni senza soluzione di continuità, hanno sottoposto anche i lavoratori a tempo determinato al processo di valutazione meritocratica.

A parere di chi scrive, quindi, un’eventuale esclusione dei lavoratori assunti a tempo determinato dalle selezioni per la progressione economico orizzontale (PEO), quando essi siano stati sottoposti alla valutazione meritocratica, sarebbe senz’altro illegittima non soltanto perché in contrasto con l’art. 58 del CCNL cit. ma, ancor prima, con il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori a tempo determinato sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato (recepito dalla Direttiva Comunitaria 1999/70).

La suddetta clausola stabilisce, al comma 1, che “per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive” ed, al comma 4, che I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.

La Corte di Giustizia si è più volte pronunciata sull’interpretazione della suddetta clausola, stabilendo che debba interpretata “nel senso che essa non autorizza a giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato per il fatto che quest’ultima sia prevista da una norma interna generale ed astratta, quale una legge o un contratto collettivo”.

Tale nozione richiede, al contrario, che la disparità di trattamento tra lavoratori sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, in base a criteri oggettivi e trasparenti, e ciò, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria (cfr. ad esempio, sentenza del 13.09.2007 resa nel procedimento C-307/05).

Per utilizzare le parole della Suprema Corte (cfr. sentenza n. 22558/2016) non  sussistendo, pertanto, alcuna “ragione obbiettiva” – nell’accezione contenuta nella clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato – tale da giustificare la sopra descritta discriminazione tra personale del Comparto assunto con contratto a tempo determinato e indeterminato, si deve ritenere che ai lavoratori a tempo determinato, in possesso dei requisiti (continuità del rapporto e valutazione di merito) debba essere riconosciuta  la medesima progressione economica prevista per il personale a tempo indeterminato così come previsto dalla norme contrattuali vigenti  (che non prevedono alcuna specifica esclusione dei lavoratori a tempo determinato dal beneficio contrattuale).

Ulteriori argomenti possono ricavarsi anche dall’ordinanza della Suprema Corte n. 17372 del 13.07.2017 che ha negato l’estensione del trattamento retributivo della PEO soltanto per la mancanza di un’effettiva continuità del rapporto lavoro (per via di prestazioni a termine non continuative).

Non c’è dubbio, infatti, che l’esclusione del lavoratore tempo determinato, che abbia prestato servizio per anni senza soluzione di continuità, dalle selezioni per le fasce economiche per l’assenza di uno dei requisiti necessari   (quando non sia stato sottoposto alla valutazione di merito) potrebbe senz’altro legittimarlo ad agire per il risarcimento dei danni da perdita di chance.

Avv. Giacomo Doglio

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